Relazione del presidente

Rudi Pavšič

Gorizia – Kulturni dom, 22 maggio 2009

Illustri ospiti, cari delegate e delegati!
Il congresso regionale della Slovenska kulturno-gospodarska zveza (Unione Culturale Economica Slovena) avviene in un periodo di grandi mutamenti. I cambiamenti, i fermenti, le paure e le speranze riguardano tutti e dunque anche noi sloveni e la minoranza slovena in Italia. Le condizioni di vita e di lavoro degli sloveni nel Friuli Venezia Giulia obiettivamente stanno cambiando. E il futuro non può essere scritto in anticipo. Il nostro compito è interpretare la realtà ed in questa cornice tracciare le coordinate e la direzione del nostro cammino futuro. Instancabilmente dobbiamo cercare le ragioni della nostra presenza, il senso della nostra esistenza. Per questo motivo abbiamo scelto per il nostro congresso il motto: Costruiamo il futuro!
Per questo ci interroghiamo anche noi sul significato che hanno oggi le organizzazioni di riferimento come la nostra, come vengono percepite da coloro ai quali si rivolgono con i propri servizi e le proprie proposte. Ci chiediamo come vivono questi mutamenti coloro che sono al di fuori della nostra sfera, ci interroghiamo su noi stessi che abbiamo il compito istituzionale di occuparci delle organizzazione slovene in Italia. Il nostro nome Slovenska kulturno-gospodarska zveza (Unione Culturale Economica Slovena) è ancora attuale poichè definisce il nostro impegno primario: la crescita culturale, sociale ed economica degli sloveni in Italia.
In via prioritaria e responsabilmente ci dobbiamo chiedere in che misura la rete organizzativa della minoranza slovena risponde alle nostre esigenze e come può entrare in sintonia con il lavoro, l’energia, il pensiero di chi lavora in ambienti che non sono tradizionalmente vicini alla minoranza slovena. E poi: può essere efficace una struttura che è erede del risveglio nazionale sloveno e della ricostruzione del dopoguerra, oppure è necessario individuare altri capisaldi, altre forme di attività, insomma una cultura, una mentalità ed un approccio nuovi?
La SKGZ non è la sola organizzazione di riferimento della minoranza slovena, non è l’unico protagonista tra gli sloveni in Italia. La visione delle diverse componenti e dei singoli spesso non coincidono. La SKGZ in questo congresso desidera illustrare la sua concezione e le sue proposte che non intendono essere solo vuote dichiarazioni bensì in sintonia con la comunità e dunque con tutti voi. L’obiettivo è ambizioso, ma la SKGZ deve rappresentare una parte definita della comunità slovena, un determinato numero di persone che si riconoscono nelle basi ideali originarie della nostra organizzazione. Non rappresenteremo tutta la minoranza slovena, abbiamo però l’ambizione di rappresentare la maggioranza degli sloveni in Italia e ciò sulla base dei principi definiti nel preambolo del nostro statuto.
Se vogliamo rimanere l’organizzazione slovena con il maggior numero di aderenti, dobbiamo assumere un ruolo da protagonisti con un approccio positivo e propositivo. Abbandoniamo quindi l’idea, ancora presente nella nostra comunità, che gli sloveni in Italia siano condannati alla sofferenza. La sensazione di essere sempre e ovunque discriminati è un freno. Il complesso del complotto, ordito contro di noi, rappresenta un ostacolo più grande dell’eventuale complotto stesso. Superiamo i complessi di inferiorità e le paure! Coltiviamo il pensiero positivo! Affrontiamo i problemi, gli avvenimenti ed i rapporti con gli altri con realismo!
La verità è che non abbiamo mai avuto tante opportunità per uno sviluppo positivo ed un dialogo efficace con gli altri, con la maggioranza italiana, con le altre minoranze e non ultimo anche con la Slovenia stessa. Viviamo il tempo di una sempre maggiore integrazione europea e di rapporti bilaterali più forti. Esistono diverse leggi e norme che ci riconoscono e ci offrono la possibilità di affermarci come cittadini e come comunità e di veder riconosciuti i nostri diritti. Non sono tutte ottime leggi, ma importante è lavorare nell’ambito del possibile e non vedere solo il bicchiere mezzo vuoto.
Nonostante accelerazioni ed arresti nei rapporti, la Slovenia e l’Italia sono parte di uno spazio centroeuropeo più ampio, caratterizzato da una forte presenza di minoranze linguistiche che è impossibile ignorare. Il modello multiculturale è il futuro di questa nostra Europa e ci permette di non regredire e di ritornare al periodo dei nazionalismi.
Le tensioni ideologiche che hanno segnato il secolo scorso ed hanno provocato due guerre nel cuore dell’Europa oggi appassionano solo minoranze politiche estremiste. Siamo testimoni di nuove divisioni, queste però non implicano l’orrore del fascismo e del nazismo, dello stalinismo, dei gulag o del terrore atomico della Guerra fredda.
Nella nostra comunità non ci sono più le asprezze ideologiche che nei decenni del dopoguerra provocavano astio tra gli sloveni in Italia mentre in Slovenia aveva voce una sola parte politica. Simili barricate venivano alzate anche tra la minoranza slovena e buona parte della maggioranza italiana. Residui della guerra fredda e della cortina di ferro si tornano ad affacciare come memoria. Ma nei suoi confronti è necessario un approccio razionale.
Troppi sloveni ed italiani, ancora, nella nostra regione si abbandonano a visioni retoriche del passato. Conserviamo troppa storia e questa, passando per il presente, scroscia verso il futuro. La memoria storica è un elemento nazionale essenziale, ma non può rimanere il centro del nostro pensiero. E’ necessario però interrompere soprattutto la pratica della manipolazione politica del passato. Ognuno di noi ha il diritto di conservare la propria memoria, ma questa non deve essere motivo di ulteriori divisioni e tensioni. Non intendo propugnare l’oblio, invito piuttosto a dare la priorità alla collaborazione ed al confronto. Solo così possiamo costruire il futuro.
La più grande responsabilità della politica è oggi quella di collocare questo territorio, fino a poco tempo fa terra di confine ed emarginata, nel cuore della nuova Europa. Se prendiamo in mano la carta della nuova Evropa vedremo che non siamo ai margini ma al centro anche se nella nostra percezione rimane ancora la sensazione di essere marginali. Questa è una trappola.
Dobbiamo essere pronti e capaci di questa grande visione, con le buone idee infatti possono sfondare e affermarsi anche i piccoli. D’altra parte il concetto di minoranza non implica soltanto la dimensione di piccolo e debole. Diverse minoranze in passato sono state anticipatrici di grandi cambiamenti e movimenti, la maggioranza è d’altra parte per sua stessa natura statica. Le minoranze nazionali possono anticipare nuovi rapporti tra gli stati e le nazioni perchè conoscono troppo bene la sofferenza dell’emarginazione e dell’ingiustizia per non desiderare rapporti positivi.
La visione si costruisce con un lavoro quotidiano e spesso umile. Si tratta di essere razionali e pragmatici. Le nostre organizzazioni, e noi con loro, si occupano di problemi specifici di natura culturale, politica e organizzativa. Parte della comunità italiana continua ad avere una posizione di chiusura nei nostri confronti. Eclatante è il caso della provincia di Udine dove alcuni vorrebbero ridurre gli sloveni di quel territorio ed i loro dialetti a fenomeno locale e separato che nulla ha a che vedere con il resto della comunità slovena. Spesso inoltre si verificano difficoltà nell’applicazione delle norme di tutela che subiscono continui arresti. Si alimenta ad arte un clima di tensione o si risvegliano fantasmi del passato con l’intento di trarre vantaggio dalle nuove tensioni politiche.
La SKGZ, come diceva Darko Bratina, è un sindacato etnico. E in quanto sindicato deve negoziare indipendentemente da chi è il suo interlocutore, il suo obiettivo è la sicurezza del lavoratore, non porre la propria bandierina sul tetto della fabbrica. Per questo deve colloquiare anche con il centrodestra, cercare gli interlocutori tra coloro che non sono fondamentalmente contrari nei suoi confronti ed arrivare a quei compromessi che sono di vitale importanza per la comunità slovena. I rappresentanti della minoranza hanno il dovere di dialogare con le istituzioni al di là del loro colore politico. Non è un atteggiamento di rinuncia, ma non è nemmeno saggio battere i pugni sul tavolo con l’unico risultato di farsi male alla mano. Noi concepiamo il riformismo come un approccio razionale e realistico alla realtà in cui viviamo.
In questa complessa operazione dobbiamo fare come i marinai, aprire la carta nautica, comprendere in quale direzione muoverci e, tenuto conto delle condizioni atmosferiche, cercare l’equilibrio giusto, dal punto di vista programmatico ed operativo tra la città, le aree rurali e la zona di confine. Ma nella prassi, tra gli sloveni su entrambi i versanti del confine, la consapevolezza che il confine non esiste più, si afferma troppo lentamente . E questo non si può imputare alla destra triestina o alle norme di tutela inapplicate. Quando constatiamo che nulla è cambiato dopo Schengen, diamo voce ad un freno mentale che ha conseguenze pratiche. Ciò che manca è la consapevolezza di vivere in uno spazio comune, in un’area comune anche linguisticamente. Ancora una volta giochiamo in difesa e non siamo consapevoli del fatto che anche la minoranza slovena può contribuire a spostare lo spazio vitale dai margini al centro. In questo modo possiamo essere util alla Slovenia ed alla regione FVG dove molti temono il cambiamento, il salto oltre la siepe, la navigazione verso una nuova terra.
Illustri ospiti, cari delegati!
Ho già manifestato la nostra intenzione di rimanere l’organizzazione degli sloveni in Italia con il maggior numero di aderenti. Ho illustrato i principi che stanno alla base del nostro statuto ed espresso la volontà di essere protagonisti in questa area centrale dell’Europa. Ho dichiarato la disponibilità al dialogo a 360 gradi. Ho sottolineato che la nostra presenza a Trieste è importante perchè qui non si sono superati ancora i traumi seguiti alla fine della Jugoslavia, con tutte le conseguenze che questo processo ha provocato fino al crac della Tržaška kreditna banka, e perchè qui siamo ancora deboli anche se la presenza slovena è numericamente la più significativa. Ora devo mettere in luce un altro aspetto essenziale. La SKGZ vuole essere un’organizzazione di massa, ma persegue anche la qualità.
La qualità è la fonte del successo, è la condizione per una presenza attiva nell’area di confine sia che si tratti della problematica culturale che sportiva, linguistica, economica e scolastica. Viviamo ed operiamo in un’area linguisticamente, culturalmente e socialmente plurale e noi siamo parte di questo mosaico. Dobbiamo operare con questa consapevolezza e cercare le ragioni positive della nostra presenza attiva. Dobbiamo collegare lo spazio sloveno ed italiano, continuare con convinzione la collaborazione già positiva ed efficace con la minoranza italiana in Istria, dobbiamo stimolare sia la Slovenia che la regione FVG ad accelerare il passo sulla via degli accordi e dell’integrazione. Considero questo il nostro ruolo, che deve essere parte della nostra vita ogni giorno. Noi abbiamo un vantaggio. Come appartenenti alla minoranza slovena, abbiamo il privilegio di conoscere entrambe le realtà e muoverci con dimestichezza in entrambe. Questo è un programma molto ampio e può creare confusione se non ci attrezziamo con buone idee e programmi e se assieme alla dimensione di massa non perseguiamo anche l’eccellenza.
Ma parlare di qualità è facile, più difficile è conseguirla. La mia lunga esperienza mi insegna che nella nostra comunità ogni più piccolo cambiamento richiede molte energie e una rete di accordi. La SKGZ è il luogo del confronto e dove si costruisce il consenso, altrimenti sarebbe un’organizzazione inutile. Ma non ci possiamo permettere di discutere soltanto, senza trarne le conclusioni. Troppo spesso ci comportiamo come una comunità che difende in modo esasperato la staticità e contemporaneamente teme ogni novità che possa portare disordine e insicurezza nella routine quotidiana. Questa sensazione di sicurezza, che è solo apparente, ci porta spesso ad aggrapparci a vecchi modelli e sistemi di lavoro anche se siamo consapevoli della loro inefficacia.
La parte attiva della minoranza, dopo la guerra, ha riprodotto la struttura culturale, linguistica e scolastica che a Trieste e Gorizia era stata creata dal movimento di risveglio nazionale e che il fascismo aveva annullato. Diversa è stata l’esperienza della Benecia. Enti culturali, mas-media con strutture professionali, un’educazione e formazione di qualità, investimenti in campo giovanile e sportivo: sono state tutte ottime iniziative promosse dalla nostra organizzazione. Oggi, in condizioni diverse, possono però rappresentare qualche ostacolo per una politica nuova, qualcosa che ci condiziona ed impedisce di realizzare iniziative nuove e interessanti. Anche per questo molte persone qualificate rimangono al di fuori delle nostre organizzazioni: in uno spazio delimitato da troppi paletti non trovano spazio.
Sette anni fa ci siamo pronunciati ed abbiamo organizzato una Conferenza programmatica unitaria, vale a dire della SKGZ e della SSO. I lavori si sono protratti per un anno e mezzo e ne è scaturita una sintesi dell’attività e delle esigenze della minoranza slovena in Italia. Sono state anche indicate alcune soluzioni per i problemi aperti e questo risultato ha rappresentato un ipotetico inizio di una strada nuova.
La conferenza programmatica era stata organizzata per offrire alla minoranza slovena soluzioni ed idee che la aiutassero ad adeguarsi ai cambiamenti che si annunciavano all’inizio del secolo. Aveva dunque il senso di una ricerca tesa a cogliere i cambiamenti del mondo e dell’ambiente circostante per offrire migliori condizioni di vita alla comunità slovena ed ai suoi componenti.
Come siano poi andate le cose è noto a tutti. E’ un vero peccato che non tutti abbiano capito il messaggio e la portata di questa grande iniziativa comune e che poi non si siano cercati gli strumenti e la volontà politica per dare corpo a quanto scritto nel documento conclusivo.
Grazie alla Conferenza di programma, SKGZ ed SSO sono diventate fattori molti importanti agli occhi della più ampia comunità minoritaria ed hanno avuto un grande sostegno in Slovenia. Non siamo riusciti a cogliere e sfruttare il vento positivo che gonfiava le nostre vele. Al progresso è seguita una fase di regressione. Ha avuto la meglio la convinzione che l’integrazione, nel senso indicato dalla Conferenza, avrebbe rotto il vecchio sistema all’interno della minoranza slovena basato su contrapposizioni ideologiche.
Ancora oggi prevale nella nostra comunità e soprattutto tra i giovani l’idea dell’unità. Ma un determinato cambiamento nei rapporti tra SKGZ ed SSO si è verificato proprio all’indomani della conferenza. Nel momento in cui è stato necessario risolvere problemi concreti e passare dalla teoria alla prassi si sono verificati i primi problemi. Ognuno avrebbe dovuto sacrificare qualcosa. Ma, come ho detto, è stata prevalente la politica dell’orticello.
Un’altra questione non risolta e ancora aperta è quella della rappresentanza unitaria degli sloveni. Intendo con questo un tavolo in grado di assumere le decisioni fondamentali nell’interesse generale della minoranza slovena, di elaborare una strategia per l’applicazione delle leggi di tutela e di riflettere sul ruolo della nostra comunità in rapporto ad istituzioni nazionali ed internazionali, riguardo lo sviluppo della scuola, la crescita qualitativa in campo linguistico e molte altre iniziative che, senza accordo e consenso, sono destinate fino dall’inizio all’insuccesso.
Il terzo fatto è che la SSO, nella fase attuale, si è avvicinata molto di più ed in modo più visibile al partito Slovenska skupnost. Allo stesso tempo la SKGZ ha evidenziato il proprio ruolo di sindacato della minoranza segnando una maggiore distanza dai partiti che le sono idealmente vicini. Si è creato così uno squilibrio. Oggi sarebbe molto più facile operare se SKGZ e SSO avessero la stessa distanza dai partiti che dovrebbero avere i sindacati. Altrimenti siamo in presenza di due tipi diversi di organizzazione.
Il compito delle due organizzazioni di riferimento è di offrire agli sloveni in Italia occasioni di crescita. In breve, le due organizzazioni dovrebbero condividere l’impegno per lo sviluppo della minoranza slovena e non solo una per una parte e l’altra per l’altra. Questa era l’impostazione della Conferenza programmatica. La realtà di oggi è che si definiscono due diverse scale di priorità che sono determinate anche dalla posizione delle due organizzazioni nei confronti della minoranza e della stessa politica.
Due diverse scale di priorità provocano debolezza. Dobbiamo prendere atto, che a causa di sempre maggiori problemi finanziari, non potremo mantenere tutto il sistema organizzato e nella stessa forma di oggi. E necessario stabilire quali sono le priorità. Ma anche questo non è sufficente, anche se per gli sloveni in Italia sarebbe già un grande risultato. Abbiamo un problema ulteriore.
I progetti culturali e le idee devono poggiare su due gambe, una è quella progettuale-creativa, l’altra è la loro sostenibilità economica. Anche il migliore progetto ha bisogno di una base finanziaria. Una buona manifestazione è anche il frutto di una buona gestione. Insomma, per il successo oltre alle priorità sono necessari anche buoni amministratori, consapevoli delle proprie responsabilità. La nostra realtà sta nelle autonomie, nella capacità degli amministratori di fare bene il loro lavoro senza creare deficit finanziari. Non sono compiti facili, per questo ci siamo dotati di un’organizzazione. La SKGZ non ha i mezzi finanziari e nemmeno la ricetta per risolvere tutti i problemi, è però quel forum che offre la possibilità di confronto, scambio di idee, verifica e di aiuto sussidiario. Questo è un grande sostegno, che non esime però nessuno dall’assumersi le proprie responsabilità. Torno a quanto già detto: è sempre più difficile agire se nella comunità minoritaria non c’è consenso rispetto alle questioni fondamentali. La SKGZ persevera, non intende però assumersi la responsabilità per tutte le deficenze.
In fin dei conti la strategia di alcuni ambienti a noi certamente non favorevoli è quella di dividere la minoranza, indebolire la sua presenza in provincia di Udine, svuotare di significato il ruolo delle organizzazioni di riferimento della minoranza stessa ed assumere il controllo dei finanziamenti. In questo modo, per poter sopravvivere una parte della minoranza potrebbe collocarsi politicamente in modo diverso. Molti vedrebbero con favore che la vicenda della minoranza si chiudesse con la cultura ridotta a folclore ed il seggio garantito ad un suo rappresentante. Così si ridurrebbe al silenzio la più che centenaria questione slovena nel Friuli Venezia Giulia. A questo gioco la SKGZ non ci sta.
L’anno scorso la SKGZ ha lanciato la proposta dell’Unione degli sloveni che dovrebbe essere un forum aperto a coloro che sono attivi nei nostri enti e nelle nostre organizzazioni, nella pubblica amministrazione, nella politica, nel mondo della scuola e ovunque siamo presenti. Anche in questo caso abbiamo avvertito un atteggiamento duplice rispetto alla nostra proposta. Se il congresso darà il suo appoggio a questo proposta, noi porteremo avanti il progetto dell’Unione degli Sloveni, coinvolgendo tutti quei gruppi e quelle persone che hanno un orientamento riformatore ed indirizzo programmatico simile e che sono, a nostro parere, necessari per lo sviluppo della nostra comunità e che ho già indicato nella prima parte del mio intervento.
Intendiamo l’Unione degli Sloveni come un tavolo rispettoso di tutti coloro che hanno a cuore lo sviluppo della nostra comunità e desiderano uscire da una situazione di eccessiva conservazione per dare vita ad una società aperta alle nuove sfide ed ai tempi nuovi.
Con un approccio simile, la SKGZ ha promosso un coordinamento di tutte le organizzazioni delle minoranze slovene in Italia, Austria, Ungheria e Croazia. Il coordinamento Slomak Slovenska manjšinska koordinacija è stato costituito in un momento di cambiamenti epocali per rispondere alla necessità di un collegamento concreto tra le minoranze slovene presenti nei diversi paesi. Non intendo ora valutare l’efficacia della sua azione, posso dire però che le questioni formali e burocratiche, poste come prioritarie, mi sembrano un motivo insufficiente per indebolirlo. Il suo attuale immobilismo non porta vantaggio a nessuno e sono preoccupato per il futuro di questo coordinamento.
La Conferenza programmatica, la Zveza Slovencev – Unione degli Sloveni, il coordinamento Slomak sono tre facce della stessa medaglia e attengono ai rapporti tra le due organizzazioni di riferimento SKGZ e SSO. Quando dieci anni fa ho assunto la presidenza della SKGZ ho posto come punto programmatico prioritario la collaborazione ed il conseguente processo di fusione tra le due organizzazioni. Oggi, a distanza di dieci anni, prendo atto che non esistono le condizioni per avviare un processo di unificazione tra SKGZ e SSO. Allo stesso modo è difficilmente realizzabile il processo di formazione di un partito di raccolta degli sloveni su base etnica.
Che fare? Da parte nostra continueremo a collaborare con convinzione e in modo pragmatico con la SSO e a collaborare ovunque ciò sia possibile e utile alla nostra comunità. La Zveza Slovencev diventerà il secondo tavolo attorno al quale raccoglieremo tutti i soggetti che condividono l’impostazione programmatica riformista, laica e ideale che è propria della SKGZ e non soltanto. La nostra proposta è pragmatica e realistica, sincera e aperta. Siamo aperti al confronto, desideriamo tradurre le proposte in realtà, non possiamo però rimanere da soli, più spesso in croce che sull’altare. Intendiamo smuovere le acque all’interno della nostra comunità. Abbiamo avanzato diverse proposte, definito gli obiettivi, presentato la nostra visione e naturalmente opereremo sulle direttrici che scaturiranno da questo congresso. Ai dirigenti della SSO invece propongo che a livello di organismi dirigenti definiamo le forme e l’ambito della nostra collaborazione, senza sterili polemiche pubbliche. Da parte nostra cercheremo altri interlocutori e collaborazioni con altri soggetti sulla base dei principi e dei valori come indicato nel nostro statuto.
Il nostro sforzo sarà indirizzato a realizzare l’impostazione programmatica che ho illustrato e a metterne in luce i vantaggi. Cercheremo il dialogo senza rinunciare alle nostre convinzioni, del resto la SKGZ ha dimostrato in tutto il dopoguerra di aver operato sempre e ovunque nell’interesse di tutta la comunità slovena del FVG. A questo principio ci ispireremo anche per il prossimo futuro e in questo impegno intendiamo investire tutte le nostre energie.
Illustri ospiti, cari delegati!
Domani, nella seconda parte del nostro congresso verranno analizzate ulteriormente tutte le questioni poste, definite le priorità che riguardano tutte e tre province e presentati i risultati di una ricerca, realizzata per nostro conto dallo Slori Istituto sloveno di ricerca. Sarà l’occasione per approfondire alcune tematiche e definire in modo più preciso le nostre posizioni su alcune questioni di importanza vitale per diversi settori delle nostre attività e della nostra presenza sul territorio. Procederemo inoltre ad alcune modifiche statutarie perchè dal punto di vista operativo riteniamo necessarie forme di organizzazione più adeguate ed agili. Predisporremo un programma generale e sceglieremo il percorso per avviarci dal presente verso il futuro.
Se sintetizzo i miei pensieri, la questione posta è molto semplice e riguarda il nostro essere sloveni oggi in questo luogo. Il passato contiene molte ricchezze, ma non si deve trasformare in ossessione ed impedimento a vivere nel presente e con il dinamismo richiesto da questi tempi. Il presente esige da noi comportamenti molto diversi ed anche un diverso modo di essere Sloveno. Il futuro dipende in grande misura dalle linee e dalle decisoni su cui ci esprimiamo oggi. Non dobbiamo dunque temere i cambiamenti nei comportamenti, nel lavoro, nella cultura ed anche nella stessa lingua. Possiamo rimanere noi stessi se la categoria nazionale non sarà interpretata come modo per chiuderci in una cella frigorifera per poterci conservare. Sta arrivando l’estate e dobbiamo respirare a pieni polmoni il sole ed il mare e ciò è spesso più difficile di quanto possa sembrare.